Testi tratti dall’intervento dell’Associazione Liberamente a OLTRECONFINE 15I17, con testimonianze lette a Palmanova il 17 gennaio
Ascolterete le testimonianze di chi, bambino, ha vissuto in prima persona i tragici eventi di quei giorni, e ne ha custodito un ricordo ancora vivo. Tali testimonianze sono state raccolte nel 2005, in occasione del 90° anniversario dell’entrata in guerra dell’Italia, intervistando alcune persone anziane di Palmanova e dei paesi del circondario. Non ascolterete parole fredde o una precisa ricostruzione dei fatti, ma piuttosto ciò che questi fatti hanno prodotto nella mente e lasciato nella memoria di chi li ha vissuti: le paure, le angosce, gli incubi, le fatiche, le speranze di pace di chi fu coinvolto nel conflitto mondiale. Ne esce un quadro non retorico di quegli anni, carico di umanità e spontaneità.
testimonianze dal Friuli italiano
Testimonianza di Adele Baldin (PALMANOVA)
Durante la Prima Guerra Mondiale, periodo legato a tanti tristi ricordi, ero solo una bambina, ma tanto sensibile da soffrirne molto.
Mia madre era costretta spesso ad assentarsi da casa per procurare un po’ di cibo; solo con fatica riusciva a racimolare qualcosa per sfamare i suoi cinque figli. A questo proposito, ricordo che un aiuto inaspettato ci giunse da un militare austriaco. Durante un’ispezione notturna, capitò nella nostra abitazione e vide una nidiata di bambini. Immaginando le difficoltà di mia madre per sfamarci, dopo ogni ispezione lasciava sulla nostra finestra una pagnotta militare che noi tutti apprezzavamo molto.
Ricordo con tristezza un doloroso evento del 1917. Avevo più o meno sette anni e abitavo a Palmanova, dove si trovava l’ex essiccatoio bozzoli. Durante una luminosa notte di luna, un aereo nemico tentò di colpire la polveriera presso Porta Cividale. La bomba cadde a poca distanza dall’obiettivo e lo scoppio colpì due giovani sorelle, Maria e Ines Pastorutti, e ferì la loro madre che aveva in braccio un’altra figlioletta, mentre stavano correndo verso il rifugio.
Anche noi avevamo sentito il rombo del motore e stavamo preparandoci per correre al riparo, ma la mamma cambiò idea e decise di restare in casa. Non solo, ma vedendo dal balcone la signora Pastorutti la chiamò invitandola ad entrare da noi. Le povere donne però non fecero in tempo a raggiungerci e due giovani vite vennero troncate e travolte dalle macerie. Più volte ho pensato a come la fatalità intervenga spesso nel destino degli uomini.
Testimonianza di Bruno Petracco (JALMICCO)
Durante la guerra, vivevo con gli zii a Jalmicco. Il mio ricordo dei primi anni di guerra è un po’ vago in quanto ero ancora molto piccolo, ma ciò che mi è rimasto impresso è la presenza nel mio paese di molti militari che partivano da qui per raggiungere il fronte e tornavano dopo aver combattuto in trincea.
La rottura del fronte a Caporetto fu un duro e violento colpo e ne ho un ricordo più preciso. Ho ancora negli occhi un soldato piazzato all’angolo di una casa, morto sulla sua mitraglia. Era forse uno di quelli che durante la ritirata di Caporetto, si riparavano presso il muro di una casa e da lì sparavano con la mitragliatrice ai tedeschi per rallentarne la marcia. Si facevano ammazzare da veri eroi e non capisco perché non siano mai stati ricordati.
Qualche giorno dopo Caporetto, da Jalmicco sono scappati quasi tutti e anche noi abbiamo lasciato il paese su un carro carico di robe e persone, tra cui la nonna che non poteva camminare. Lei aveva due figli sotto le armi ed era ossessionata dal pensiero che potessero essere stati uccisi. Durante il tragitto verso Flambro noi bambini avevamo il macabro compito di sollevare la coperta che copriva i cadaveri stesi vicino alle case per vedere se tra loro ci fossero gli zii. La nonna però non si accontentava del nostro controllo e voleva esaminarli tutti anche lei.
Testimonianza di Umberto Cressatti (JALMICCO)
Durante la guerra abitavo a Jalmicco e ricordo il passaggio delle truppe che andavano verso il fronte a Nogaredo, in Austria. Noi ragazzini eravamo sempre in mezzo alla gente e ai soldati e un giorno siamo andati a curiosare nel cimitero di Santa Maria la Longa. Ci siamo nascosti nel granoturco che era alto e arrivava fino al muro del cimitero. Abbiamo capito che stava succedendo qualche cosa di strano e infatti da lì abbiamo visto che la milizia italiana stava fucilando una trentina di nostri soldati. Si è poi saputo che si erano ribellati perché non volevano ritornare al fronte.
Una volta ho sentito il botto di una bomba di aereo che di notte era caduta sul parco buoi vicino al mulino, uccidendo animali e persone. A Jalmicco c’era un ospedale da campo vicino alla chiesa, di fianco all’attuale osteria e noi bambini vedevamo arrivare i feriti con le ambulanze trainate da cavalli.
Dopo la disfatta di Caporetto siamo andati a Merlana dove abitavano i nonni e le zie. Lì gli austriaci ci hanno sequestrato il carro con tutto il carico, ci hanno portato via tutto, cibo, coperte, robe di casa… gli austriaci erano sempre affamati, addirittura mi ricordo che si mettevano in ginocchio chiedendo qualcosa da mangiare.
Testimonianza di Maria Vidal (BAGNARIA ARSA)
Nel 1917 avevo sei anni e mi ricordo che le mamme ci dicevano sempre: “Fruts, non andate fuori che tirano! State attenti ai soldati che sono trists, viodeit ce brute muse che an!”.
Un giorno abbiamo sentito dire: “E rivin i todescs! Bisogna sloggiare perché se no ci copin duc!”. Mi sentivo dute instupidide. Abbiamo messo via due galline, un po’ di farina per polenta, qualche salame, formaggio e vestiti e siamo partiti tutti. La sera siamo arrivati a Flumignano dai parenti. Ci siamo fermati lì solo quella notte perché anche i nostri parenti si preparavano a scappare. L’indomani mattina abbiamo visto soldati italiani a grums e noi, spaventati, ci chiedevamo: come faremo a passare con il carro con tutti questi soldati?
Allora siamo tornati a cjase nestre a Bagnaria, ma i todescs volevano prenderci la casa per farci un ospedale. Alla fine però ce l’hanno lasciata perché era morta la mia sorellina di due anni proprio nel giorno quando sono venuti in casa i tedeschi. L’abbiamo messa sull’armadio e non in una cassa, proprio perché dovevano arrivare loro. Sono arrivati in tre e mia madre ha preso sotto braccio un ufficiale, un grandt colonel, e l’ha portato a vedere la camera dov’era la mia sorellina e lui, cuant che al à viodut cheste frutute muarte: “Kaput, kaput!” si è messo a gridare. Poi ci ha visti tutti istupiditi e ha fatto segno agli altri due di andare via, così non hanno fatto più l’ospedale nella nostra casa.
testimonianza dal Friuli austriaco
Testimonianza di Mario Brandolin (CRAUGLIO)
In Austria, nel 1914 ci fu la mobilitazione generale di tutti gli uomini abili dai 19 ai 50 anni, quasi tutti inviati sul fronte russo, in modo che fossero lontani dalle loro terre. In paese rimasero solo quattro vecchi.
Quando giunsero gli italiani a Crauglio, obbligarono tutti a esporre il tricolore, ma pochi avevano voglia di farlo e anche mia zia, che era antitaliana, non voleva esporlo. Bisogna capire che dall’Italia erano tanti i regnicoli che emigravano in Austria, mentre dai nostri paesi non emigravano in Italia e quindi non la sentivano vicina.
Gli italiani, dopo le battaglie sul Carso, venivano in riposo nelle nostre campagne, sporchi e pieni di pidocchi. Io li vedevo quando andavamo ad aprire il fieno sfalciato per farlo asciugare, però lo potevamo fare solo nei giorni in cui il comando dava il permesso di percorrere le strade con i carri, perché le strade dovevano restare libere per il passaggio dei generali o della truppa. Un giorno, dopo che i militari avevano finito di distribuire il rancio, stavo prendendo quel po’ che era avanzato quando un soldato mi prende per la nuca e mi mette con la testa nella marmitta, per ridere, ma io ho preso paura e sono scappato, mentre lui se la rideva.
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